“Venite come siete”

Un ragazzo, un’adolescente come tanti, seduto in uno dei più celebri fast food del mondo. Un’altra delle tante pubblicità di McDonald’s si dirà. E in effetti lo è. E’ l’ultimo di una lunghissima serie questo spot francese. Ma torniamo al giovane in attesa del suo hamburger. Squilla il cellulare, lo si sente parlottare: «Stavo pensando proprio a te e guardavo la nostra foto scolastica… Mi manchi anche tu. Ora ti devo lasciare, che arriva papà». Stacco sul genitore con i vassoi degli hamburger. Vede la foto e commenta: «Quando avevo la tua età ero come te: facevo impazzire tutte le ragazze. Peccato che la tua fosse una classe solo maschile. Avresti potuto avere tante donne adesso».

Non è la prima volta che uno spot pubblicitario gioca sull’ambiguità di genere, sull’orientamento sessuale, sullo scambio di ruoli. E succede quasi sempre per attirare attenzione, creare scandalo, far parlare del prodotto pubblicizzato. Eppure vedendo anche l’interessante dibattito sulla rappresentazione del mondo gay che ne è venuto fuori in Francia mi è venuto spontaneo chiedermi se l’emancipazione sociale possa in qualche modo passare anche dalla pubblicità. Certo è vero, il fine essenziale della pubblicità è economico, commerciale, puramente aziendale. Però è pur sempre vero che la pubblicità è  anche lo specchio della società in cui viviamo: riflette le mode, le aspettative e anche i modelli che caratterizzano un certo periodo storico. La pubblicità quindi in una qualche misura ha contribuito a diffondere e legittimare certi modelli e con la semplicità e ripetitività che le è tipica ha finito per attribure loro la naturalezza della quotidianità. Chiaramente questo nn toglie il fatto che la pubblicità resti “una fabbrica di luoghi comuni”, una vetrina narcisista di ostentazione.

E questa doppia anima della pubblicità forse proprio in uno spot come questo emerge in tutta la sua chiarezza: da una parte il giovane adolescente, l’ambiguità della scena con il rischio che l’eccesso svilisca ogni passione trasformando tutto in gossip dall’altra parte il luogo “familiare” per antonomasia, il tavolo del fast food più diffuso al mondo, dove è ambientata la scena. La rottura del tabù, dello stereotipo sta proprio qui! L’idea di famiglia, di genitorialità appartiene anche al mondo gay come per tutti gli altri.

http://www.youtube.com/watch?v=4RtUnzC4Q8c&feature=player_embedded

E poi lo slogan finale: “Venite come siete“… come ad elogiare la tolleranza e l’autenticità. Forse non tutta la pubblicità è spazzatura. Forse può essere uno strumento in più nella lotta all’emancipazione sociale. Chissà se anche in Italia arriverà questo spot…mah!