Quando è “poco adatto al pubblico italiano”…

Direi che è assodato che i programmi che influenzano di più le idee del pubblico non sono i talk d’approfondimen­to tipo “Annozero” o “Ballarò”. Come confermano molte ricerche, l’esito è sempre lo stesso: i convinti si convincono di più e gli incerti, in gran parte, rimangono incerti. Paradossalmente invece il discorso per i programmi d’intrattenimen­to: quando si affrontano temi importanti, nei modi tipici del ge­nere, è più facile convincere la gente che non ha radicate convin­zioni politiche. Se pensiamo ai meravigliosi dibattiti condotti dal coloratissimo Massimo Giletti a “Domenica in” o ai raffinati salotti della compassionevole Barbara D’Urso a “Domenica 5”. Grazie all’esperienza e alla preparazione degli ospiti sempre più spesso sono trattati argomenti di attualità delicati e spinosi e si finisce molto spesso con il confondere ancora di più le idee del povero telespettatore sprovveduto. Già perché quando a parlare sono tutti tranne che esperti e professori come si fa a pretendere che la discussione non sfoci nella rissa, nella guerra a chi urla più forte, nella banalità e volgarità più assoluta? E la cosa più divertente sono i conduttori che con l’aria più innocente e sorpresa di questo mondo richiamano all’attenzione sul tema del dibattito. Ma parlatene voi se siete capaci! Come si può pretendere che la showgirl di turno, esperta filosofa contemporanea, o lo psicologo/tuttologo che si erge a saggio del villaggio siano in grado di costruire un dialogo costruttivo, un confronto pacato e intelligente da cui trarre qualcosa che non siano banalità, stereotipi o mere opinioni personali che non interessano a nessuno, forse nemmeno ai loro proprietari? Semplicemente non si può. Certo non ci sono solamente questi programmi, fortunatamente. Alcuni format sono addirittura interessanti. La 7 negli ultimi anni ha dimostrato di credere maggiormente nelle idee e nella competenza che negli ascolti e nelle tette. Eppure non basta. La televisione deve avere più coraggio. Disgraziatamente questo sembrerebbe uno di quei bellissimi intenti destinati a rimanere solo teoria. Quando la circolazione di idee va contro gli interessi della politica e quando la politica ha il controllo del mezzo di diffusione delle idee, quest’ultime difficilmente potranno circolare e addio coraggio.Ecco perché molto spesso l’emancipazione sociale, la crescita e il confronto può nascere da forme di arte apparentemente più innocue ma in realtà anche più efficaci. Ma anche questo non basta. Interessi economici, una morale bacchettona, il rischio costante della censura conservatrice impediscono agli autori di sperimentare, di osare, di sfogo alla creatività con acutezza e perché no utilità sociale. Eh già, perché se in America Nina Tassler, presidente della CBS, dopo essere stata bollata all’ultimo l’ultimo posto della classifica stilata dalla GLAAD, ovvero la Gay & Lesbian Alliance Against Defamation, associazione che si occupa della giusta rappresentazione di gay e transessuali all’interno della società si è detta subito “delusa” da questa situazione, promettendo che sin dalla prossima stagione tv all’interno degli show della CBS verrà data più attenzione ai personaggi gay, inserendoli all’interno delle trame degli show più noti e delle novità, in Italia si discute ancora di censura e di inopportunità. Giusto un paio di dati per illuminarci: la censura del film “Brokeback Mountain” su Rai2, le polemiche relative alla fiction con Lino Banfi “Il padre delle spose” che ha scatenato l’assalto dei cattolici alla tv pubblica (ma sì meglio vedere sculettare l’ennesima oca senza cervello davanti a un triste programma senza senso, molto più in linea con i precetti morali della nostra società), oppure serie tv di grande qualità come “Angels in America” (vincitrice di 11 Emmy Awards e 5 Golden Globe tra cui miglior miniserie tv) andata in onda non senza poche critiche e in terza serata su La7. Del resto quando abbiamo reality e tristi fiction di serie b a intrattenere il pubblico che bisogno c’è di scomodare “l’altra tv”? La tv “buona maestra“, dell’intrattenimento intelligente, delle storie di vita, delle denuncie sociali, dell’emancipazione sociale come può competere? Se anche un film campione d’incassi negli Stati Uniti, forte di un Oscar per la migliore attrice protagonista, “The Blind Side”, un film che parla di sport e adozione, che racconta una storia vera che ha commosso l’America intera, non è degno di arrivare nei cinema italiani? “D’accordo con la società produttrice del film – ha raccontato Paolo Ferrari, presidente di Warner Bros Italia – abbiamo ritenuto che il soggetto fosse poco adatto al pubblico italiano”. Poco adatto per il pubblico italiano? Oh pardon! Per noi si addicono solo cinepanettoni, pupe e secchioni e veline che ci spiegano la crisi economica. E poi si stupiscono se non ringraziamo!

Chiesa e omosessualità

Opporsi all’evidenza porta disgrazia“. Molto spesso i detti popolari hanno un fondo di verità. Si basano sull’esperienza e sulla saggezza di chi ha vissuto più a lungo e ne ha viste molte nel mondo. Forse più di 2000 anni di esistenza, di storia, di radicamento non sono sufficienti. Altrimenti come spiegare il restare in silenzio, il girarsi dalla parte opposta, il negare la questione, l’opporsi costantemente e cocciutamente. Non è forse questo l’atteggiamento assunto dalla Chiesa circa la questione omosessuale? Prima fare finta di niente, vivere come se il problema non esistesse. Poi la negazione e infine l’opposizione. Tabù. Questo è il termine più indicato relativamente ai gay.  In epoca postconciliare a partire dal 1975 i documenti della Congregazione per la dottrina della fede definiscono la condotta omosessuale come “intrinsecamente disordinata”. Da allora in poi il pontificato wojtyliano ha taciuto ogni possibile discussione, ogni possibile confronto. Non deve sorprendere più di tanto dunque se la questione è emersa allo scoppiare degli scandali o a seguito di scandolose affermazioni ai vertici.

La conferma è venuta dall’inchiesta condotta da Panorama che ha portato alla luce gli scandali della pedofilia, dell’incredibile doppia vita di esponenti del clero o delle relazioni more uxorio vissute col tacito consenso delle comunità locali. Tutto questo ha inevitabilmente riaperto il dossier dell’atteggiamento e degli insegnamenti della Chiesa sulla sessualità. Un dossier evidentemente mai affrontato e men che mai risolto. Al contrario della Chiesa americana, in cui la sessualità, l’omosessualità e il gender trouble sono un tema teologico e pastorale, nella Chiesa cattolica europea l’omosessualità è ancora tabù e di conseguenza oggetto di gossip e scandali.

Un atteggiamento del genere diventa ancora ancora più problematico e immaturo quando la questione omosessuale è diventata una questione politica, giuridica, internazionale. Infatti il silenzio, la negazione si scontrano con l’evidenza dei fatti. Il riconoscimento di diritti, repressi invece nei regimi fondamentalisti, si scontra con il silenzio. Come negare l’evidenza? Come negare qualcosa che ormai in più parti del mondo è visibile e in alcuni casi viene anche tutelato? Scatta l’opposizione, il rifiuto, la condanna. Emblematica la posizione espressa dal Vaticano che si è detto contrario al progetto di una depenalizzazione universale dell’omosessualità presentato a suo tempo dalla Francia all’ONU; scandalizza e deve far riflettere chiunque sia sensibile ai diritti umani. Nulla può giustificare l’opposizione alla cancellazione di una barbarie che produce incarcerazioni e sentenze di morte.

Un atteggiamento di questo tipo non può che essere controproducente. E’ come esporsi ad un ciclone senza alcun appiglio. E la più esposta alla disgrazia è la Chiesa cattolica perchè è quella che sta prendendo il sentiero più radicale, quello del determinismo teologico, dell’ innaturalità dell’omosessualità, della convinzione che famiglia e fertilità siano inseparabili e decisivi per la vita cristiana. Dunque incompatibilità tra l’essere gay e l’essere cristiano e che “la famiglia naturale fondata sul matrimonio” sia la manifestazione migliore (forse unica?) di una cristiana e sana vita sessuale. La china è davvero pericolosa. Breve è il passo dal precipizio. Forse è proprio vero che talvolta i detti popolari hanno un fondo di vero. 

Prima di “spararla” pensa!

Siamo alle solite. Cambiano le coordinate, cambiano i fatti ma la sostanza è la stessa. Puntualmente accade ancora. Accade ancora che qualche simpaticone dall’alto della propria posizione, del proprio ruolo, della funzione pubblica svolta esprima gratuitamente, avendone la possibilità, la proprie opinioni personali e così, improvvisamente colto da un’incontenibile ispirazione, ne spara un paio. Ma non un paio qualunque, ne spara delle grosse.

Partendo dal presupposto che ognuno prima di aprire bocca dovrebbe riflettere su quel che sta per dire, a maggior ragione questo principio elementare dovrebbe valere per chi ricopre una funzione pubblica. Eppure è così difficile da metterlo in pratica. E’ così difficile pensare, ponderare, riflettere prima di far passare aria attraverso le corde vocali. Spesso le parole escono involontariamente forse perchè siamo convinti che parlare sia l’unico modo per esprimerci, per dimostrare di avere dei contenuti. E pur di farlo talvolta ne spariamo delle grosse. Eh si! Però finchè si tratta della anziana nonna che sparla della vita, a suo parere, dissoluta della figlia della vicina le conseguenze saranno di poco conto, al massimo la vicina le toglierà il saluto. Ma se è un sindaco, nel caso di specie il sindaco di Spresiano (Treviso), a esprire le proprie opinioni personali, tra l’altro infondate e senza alcun tipo di argomentazione a sostegno, il discorso cambia. Dove va a finire il senso di responsabilità dell’istituzione pubblica? Probabilmente nel Piave! Andiamo con ordine. Dunque ecco il nostro sindaco Missiato dichiarare: “Non voglio giudicare nessuno ma sono contro il malcostume. Può essere che qualcuno si offenda, allora io rispondo che rispetto tutti. Ma devo anche far rispettare la legge, per cui chi va fuori dalle regole e dal buon senso dev’essere allontanato”. Fino a qui nulla di sconvolgente. Forse qualcuno potrà trovare queste parole intrise di un irritante moralismo gratuito però in linea di massima condivisibili. Certo ci sarebbe da argomentare cosa davvero si intenda per “malcostume”, parola altisonante ma che se non argomentata rischia di restare vuota. Tuttavia la dichiarazione non finisce perchè ad un certo punto gentilmente ci mette al corrente del suo personalissimo giudizio sui gay: “Sono delle persone ammalate, devono essere comprese e posso comprenderle.. Però non possono offendere, andando ad occupare un territorio dove ci sono persone che non sono della loro stessa tendenza. Devono farsi curare, se sono curabili, altrimenti devono stare dentro le loro mura, perché non possono invadere la libertà altrui”. Salvo poi il giorno seguente, di fronte all’imperversare delle polemiche di Paola Concia, deputata del PD, di Stefano Mestriner consigliere provinciale trevigiano della Federazione della Sinistra e l’associazione Arcigay, scusarsi e ritrattare.

Non è questo il modo di guidare una comunità. Non è questo il modo di utilizzare i poteri pubblici conferiti dagli elettori. Non è questo il modo di sostenere la campagna  da lui definita “estate sicura” per garantire l’ordine e il pudore della città e la sicurezza dei suoi cittadini. Questo è soltanto il modo di scatenare altra violenza, altro pregiudizio, altra omofobia. Eppure molti non comprendono la gravità di episodi come questi. Ciò che è inaccettabile sono le dichiarazioni inopportune, tristi e volgari e le espressioni usate, non la correttezza di politiche per il decoro dei luoghi pubblici. I responsabili del degrado vanno perseguiti indipendentemente dal loro orientamento sessuale ed è ovvio che la libertà di ciascuno deve rispettare le libertà degli altri e che non ci si mette a fare l’amore davanti ai passanti, omo o etero che si sia! Che il ragazzino che passeggia tranquillamente lungo la spiaggia non debba imbattersi in due o più individui che si sollazzano allegramente sotto il sole è sacrosanto ma che un sindaco spari le sue personali opinioni, senza alcuna argomentazione o spiegazione, andando così quasi a “legittimare” la paura, la diffidenza e di conseguenza anche la violenza, l’odio verso gli omosessuali è inaccettabile. La società dovrebbe essere guidata secondo le legge e secondo il buon senso non secondo i propri gusti personali.

Intanto a Spresiano la prima serata di pattugliamenti contro gli incontri fra gli omosessuali sul Piave è sostanzialmente fallita, a causa della mancanza dei cartelli che vietano l’accesso e la sosta. «I cartelli c’erano eccome – ha riferito ieri il sindaco Riccardo Missiato – ma sono stati tolti. Non sappiamo da chi […]”. Chissà chi li avrà tolti, chissà!

La Corte di Strasburgo torna a parlare di famiglie omosessuali

Strasburgo, 22 luglio 2010 – La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo compie un ulteriore passo avanti nel riconoscimento delle famiglie omosessuali

La Corte ha stabilito il diritto del membro di una coppia gay all’estensione dell’assicurazione sanitaria del suo partner, respingendo l’interpretazione della legge austriaca per cui era ragionevole escludere le persone omosessuali, anche se unite da un patto civile, dal privilegio dell’estensione della copertura assicurativa.
I ricorrenti, una coppia gay che vive a Vienna, hanno sostenuto di essere vittime di una discriminazione sulla base del loro orientamento sessuale; la Corte ribadisce in primo luogo che una coppia di persone dello stesso sesso rientra a tutti gli effetti nella nozione di “vita familiare” di cui all’articolo 8 della CEDU e che non è artificioso o irragionevole equipararla ad una coppia di persone di sesso diverso. Di conseguenza, la relazione che lega i due ricorrenti, coppia dello stesso sesso che vive in un partenariato stabile, rientra nella nozione di “vita familiare“, così come la relazione che lega due persone di sesso diverso nella stessa situazione.
Ecco che non appare legittimo da parte di uno Stato garantire il diritto all’estensione della copertura assicurativa solo alle coppie eterosessuali, comportando questo una misura discriminatoria ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo.

Curiosità: la sentenza ha visto il voto favorevole di tutti i giudici della Corte eccetto due: quello croato e quello italiano!                                                                    Sotto la sentenza completa.

http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=18984/02&sessionid=57157887&skin=hudoc-en

True Blood or True Discrimination?

Sangue, sangue e ancora sangue!  Il sangue è ovunque: in televisione, al cinema, nei telegiornali, a volte anche per strada. E non ce ne rendiano neanche più conto. Ormai siamo immuni, siamo assolutamente indifferenti a quel tessuto liquido. Al massimo ci ritroviamo a storcere il naso o a sospirare quasi scocciati. Al cinema il “pomodoro” non impressiona più, in televisione ancora meno mentre la cronaca, bè si quella ci tocca maggiormente, ma finiamo poi col farcene rapidamente, forse troppo, una ragione, col minimizzare, col dare la colpa ai giornalisti che puntano sulla drammaticità per fare notizia. “Non c’è bisogno di fare vedere certe immagini […] sappiamo com’è!” ci ritroviamo a dire irritati, davanti al nostro televisore LCD nuovo di zecca, comodamente seduti sul nostro divano in pelle. Ma ne siamo davvero sicuri? Io credo che molto spesso sia preferibile pensare che in realtà anche il sangue della cronaca nera, delle guerre, della violenza sia falso come quello di Hollywood. Meglio guardare da un’altra parte, meglio restare nel nostro paese delle meraviglie.

Ma non c’è solamente quel sangue. Quello del dolore, della sofferenza, della morte. C’è anche il sangue della vita, della generosità, della salvezza. Ed è proprio in questo caso che non possiamo, anzi non dobbiamo voltarci indietro. Donare il sangue  è un atto di generosità che salva la vita; non c’è un secondo fine, non c’è l’aspettativa di ricevere qualcosa in cambio. Una persona dona il sangue, punto e basta.  Sangue vero, sangue che scarseggia e che serve a salvare vite. E nonostante non ci sia la fila fuori dagli ambulatori, nonostante le continue voci tuonanti della penuria di donatori si continua ad applicare l’ignoranza anzichè la legge o il buon senso. E’ successo presso il servizio trasfusionale dell’Ospedale ‘Gaetano Pini’ che ha dichiarato di non voler accettare la donazione di sangue da un donatore dichiaratamente gay che finora lo aveva donato già molte altre volte.  E’ sconcertante scoprire che la direttiva per la quale una persona gay non può donare il sangue nella struttura del Policlinico di Milano  è ‘nuova’ (ricordiamo che simili direttive risalgono a ben 25 anni fa) e nemmeno ha tenuto conto della Direttiva della Commissione europea (Direttiva 2004/33/EC) che con riguardo ai donatori di sangue precisa che i gruppi a rischio sono coloro che ‘hanno comportamenti sessuali a rischio’ indipendentemente dal loro orientamento sessuale così come previsto anche dal Decreto ministeriale 13.4.2005, allegato 4.

Sexual behaviour. Persons whose sexual behaviour puts them at high risk of acquiring severe infectious diseases that can be transmitted by blood”. [Comportamenti sessuali. Persone i cui comportamenti sessuali siano tali da porle a rischio di acquisire gravi malattie infettive che possano essere trasmesse per via ematica].

Fortunatamente le cose cambiano e si spera in meglio. Ma episodi come questo non sono i primi. Già il Ministro della Salute, Francesco Storace, nel 2005, di fronte ad un caso analogo, aveva disposto l’apertura di un’inchiesta per accertare responsabilità amministrative o comportamenti sanzionabili penalmente dopo il rifiuto del Policlinico di Milano di prelevare il sangue ad un omosessuale donatore. “Quanto accaduto al Policlinico di Milano – disse il ministro – é inaccettabile e potrebbe configurare l’esistenza di un reato“.

Tapparsi gli occhi di fronte a episodi di questo genere è inaccettabile. Ostacolare un gesto altruistico nella giungla egoistica in cui viviamo è pazzesco, soprattutto quando quel gesto poteva essere di aiuto ad altre persone. Non nascondiamoci allora dietro supposte direttive, non scherziamo col sangue.

Questa è True Discrimination altro che True Blood!

Argentina: sì definitivo alla legalizzazione del matrimonio omosessuale

Buenos Aires, 15 Luglio 2010 – La decisione non è stata facile. Non è stata una di quelle che si danno per scontate ma di quelle combattute fino alla fine. La proposta di legge per legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stata infine approvata dal Senato con 33 voti a favore, 27 contrari e 3 astenuti. Così l’argentina, paese profondamente cattolico, diventa il primo paese dell’America Latina a legalizzare il matrimonio omosessuale e a permettere anche l’adozione per le coppie omosessuali. Ed è un fatto storico anche nei rapporti fra Stato e Chiesa, in un paese dove il Vaticano ha un’influenza fortissima, anche sui suoi deputati e senatori.  Il presidente Cristina Ferndandez de Kirchner che non ha fatto mancare l’appoggio al movimento gay e lesbico, un decisivo sostegno materiale e politico, silenzioso e costante può dirsi soddisfatta.

Il voto al Senato arriva dopo decine di audizioni e ore di udienze pubbliche che hanno non poco alimentato gli scontri e le polemiche. Come spesso accade il dibattito è stato inquinato da interessi politici e religiosi. Migliaia di persone provenienti da ogni angolo del paese sono arrivate a Buenos Aires chiedendo di bocciare la legge e difendere la famiglia e i bambini, che “devono avere una mamma e un papà”. “Il matrimonio gay è una mancanza di rispetto per i cattolici”, ha dichiarato Eliana, una liceale di quindici anni, “se vogliono stare insieme nessun problema, ma che non si facciano vedere”. Tuttavia non solo la Chiesa ma anche il Governo ha cercato di sfruttare la polemica a proprio vantaggio, tanto che secondo alcuni autisti che trasportavano i manifestanti, molti avevano ricevuto soldi per partecipare. Non sono mancati neppure momenti di tensione quando una ventina di manifestanti cattolici si sono stretti di fronte ai cancelli del Congresso, intonando preghiere e alzando una statua della Madonna. La pressione dei manifestanti li ha costretti alla fuga, mentre in piazza la folla intonava “Iglesia, basura, vos sos la dictadura”, Chiesa spazzatura, sei tu la dittatura.

Manifestare il proprio pensiero è un diritto sacrosanto ma la violenza, l’estremismo cieco, il rifiuto del dialogo sono inaccettabili. Oggi l’Argentina ha fatto un grosso passo in avanti nella lotta per l’affermazione dei diritti, diritti di tutti gli individui. “La decisione del Senato, che ha istituito i matrimoni omosessuali, riconoscendo ai coniugi diritti quali la sicurezza sociale e il congedo familiare, e’ un’ottima notizia, che testimonia come anche in un Paese a larghissima maggioranza cattolica si possa avere un dibattito serio sul tema dei diritti. L’unico peccato e’ che quel Paese non sia l’Italia, ma l’Argentina “. Lo ha dichiarato Anna Paola Concia, deputata del PD che ha poi aggiunto “[…] Nuovi modelli [familiari] esistono nei fatti e la politica, a ogni latitudine, non si puàò più permettere di ignorare”.

La Cassazione francese “apre” alle adozioni omosessuali

Francia – La Corte di Cassazione francese ha riconosciuto la filiazione di un bambino alla compagna della madre biologica rendendo efficace, attraverso l’esecuzione di un riconoscimento giuridico sul suolo francese, una decisione della Corte Suprema della contea di Dekalb, negli Stati Uniti. La decisione pone fine alla lunga controversia che aveva visto nel 2008 la corte d’Appello di Parigi negare l’esecuzione della sentenza statunitense che aveva permesso il riconoscimento come secondo genitore della figlia della compagna . “Contraria alla politica francese in materia di diritto internazionale pubblico” era stata la motivazione della corte parigina. La Corte Suprema avrebbe potuto rinviare la causa ad altro giudice di appello, ma ha scelto di “porre fine alla controversia applicando la regola del caso di diritto”.

Quello che la giustizia francese ha compiuto è un grosso passo avanti. Attraverso la via giudiziaria, spesso più efficace di quella legislativa, troppo burocratica, polimica e lontana dagli effettivi bisogni della società, si messa una prima importante pietra sulla strada verso l’apertura per le coppie non sposate (anche omosessuali) all’adozione. In futuro, tutte le richieste di applicazione simile all’ adozione da parte del secondo genitore, indipendentemente dal sesso, saranno prese in considerazione da questo primo caso. Si è messo in discussione la legge francese sulla mancata adozione del secondo genitore ed è auspicabile che questo dia il via anche al riesame della legge sull’adozione, che oggi non consente l’adozione da parte di coppie non sposate, o Pacs. Inoltre emerge chiaramente anche una cosiddetta discriminazione al rovescio, dal momento che le coppie omosessuali francesi sono trattate peggio di coppie in cui uno dei partner è straniero e  che non hanno ricevuto un trattamento più favorevole dalla legge dell’altro stato che, come in questo caso, permetteva il riconoscimento del secondo genitore.

Gay ed Esercito

Stati Uniti – Dopo i numerosi passi avanti fatti negli ultimi anni, in particolare sotto l’amministrazione Obama che ha posto finalmente fine alla politica del «don’t ask, don’t tell», che permetteva ai gay di arruolarsi nelle forze armate soltanto a patto di non dichiarare il proprio orientamento sessuale, sembra che il binomio gay ed esercito ancora a molti non vada giù. Non si spiegherebbe altrimenti il perchè della recente decisione del Pentagono di inviare ben 400mila copie di un questionario volto a testare la reazione delle truppe riguardo all’entrata di omosessuali, gay e lesbiche, nelle forze armate.

Le polemiche non si sono fatte attendere. Numerose sono state le reazioni contrarie al questionario, principalmente quelle dei media e del Servicemembers United, ovvero l’associazione americana di soldati e veterani gay e lesbiche, che sostiene che il formulario comprende “espressioni insultanti e spregiative, supposizioni e insinuazioni”. Molte domande incluse nel questionario sono state ritenute provocatorie e volte ad accentuare i pregiudizi. Della serie “ti sentiresti a tuo agio se un gay si sedesse accanto a te a tavola?” o “sopravviveresti se mai condividessi la doccia con un tuo compagno gay?” .

E’ triste che una persona venga giudicata e stigmatizzata per il proprio orientamento sessuale o per qualsiasi altra ragione (la razza, l’etnia, la religione). Ma è ancora più triste che si arrivi addirittura a inviare un questionario come se le persone omosessuali fossero virus contro i quali mettere in guardia o fare prevenzione. Eppure il portavoce del Pentagono, Geoff Morrell, ha commentato che sarebbe «irresponsabile» non chiedere ai soldati quali potrebbero essere i problemi e le coseguenze nel condividere la vita quotidiana con persone omosessuali e ha negato che il questionario alimenti pregiudizi e discriminazioni nei confronti degli omosessuali. Perchè non diffondere allora anche dei kit anti-gay? Caso mai ne incontrassimo uno…

“Venite come siete”

Un ragazzo, un’adolescente come tanti, seduto in uno dei più celebri fast food del mondo. Un’altra delle tante pubblicità di McDonald’s si dirà. E in effetti lo è. E’ l’ultimo di una lunghissima serie questo spot francese. Ma torniamo al giovane in attesa del suo hamburger. Squilla il cellulare, lo si sente parlottare: «Stavo pensando proprio a te e guardavo la nostra foto scolastica… Mi manchi anche tu. Ora ti devo lasciare, che arriva papà». Stacco sul genitore con i vassoi degli hamburger. Vede la foto e commenta: «Quando avevo la tua età ero come te: facevo impazzire tutte le ragazze. Peccato che la tua fosse una classe solo maschile. Avresti potuto avere tante donne adesso».

Non è la prima volta che uno spot pubblicitario gioca sull’ambiguità di genere, sull’orientamento sessuale, sullo scambio di ruoli. E succede quasi sempre per attirare attenzione, creare scandalo, far parlare del prodotto pubblicizzato. Eppure vedendo anche l’interessante dibattito sulla rappresentazione del mondo gay che ne è venuto fuori in Francia mi è venuto spontaneo chiedermi se l’emancipazione sociale possa in qualche modo passare anche dalla pubblicità. Certo è vero, il fine essenziale della pubblicità è economico, commerciale, puramente aziendale. Però è pur sempre vero che la pubblicità è  anche lo specchio della società in cui viviamo: riflette le mode, le aspettative e anche i modelli che caratterizzano un certo periodo storico. La pubblicità quindi in una qualche misura ha contribuito a diffondere e legittimare certi modelli e con la semplicità e ripetitività che le è tipica ha finito per attribure loro la naturalezza della quotidianità. Chiaramente questo nn toglie il fatto che la pubblicità resti “una fabbrica di luoghi comuni”, una vetrina narcisista di ostentazione.

E questa doppia anima della pubblicità forse proprio in uno spot come questo emerge in tutta la sua chiarezza: da una parte il giovane adolescente, l’ambiguità della scena con il rischio che l’eccesso svilisca ogni passione trasformando tutto in gossip dall’altra parte il luogo “familiare” per antonomasia, il tavolo del fast food più diffuso al mondo, dove è ambientata la scena. La rottura del tabù, dello stereotipo sta proprio qui! L’idea di famiglia, di genitorialità appartiene anche al mondo gay come per tutti gli altri.

http://www.youtube.com/watch?v=4RtUnzC4Q8c&feature=player_embedded

E poi lo slogan finale: “Venite come siete“… come ad elogiare la tolleranza e l’autenticità. Forse non tutta la pubblicità è spazzatura. Forse può essere uno strumento in più nella lotta all’emancipazione sociale. Chissà se anche in Italia arriverà questo spot…mah!